Firma il "Libro degli Ospiti"

mercoledì 24 dicembre 2008

Con i nostri migliori auguri

Il CLE di L'Aquila
augura a tutti
un Natale ricco di gioia e serenità.

Buon Natale



domenica 21 dicembre 2008

Progetto FLOS Latino da Favola


Progetto FLOS Latino da Favola
a cura della Prof.ssa Aida Dattola


PREMESSA

Una società in rapida evoluzione qual è la nostra richiede strumenti comunicativi sempre più adeguati e rispondenti alle mutate esigenze: per promuovere il confronto dialettico delle idee, che è segno di libertà e di democrazia, e garantire allo stesso tempo la presa di coscienza sulla nostra identità culturale, è necessario riappropriarsi delle nostre radici,scoprendo nel presente i segni del passato.
Don Milani diceva che è solo la lingua che fa uguali, pertanto, valorizzare il nostro patrimonio linguistico scoprendone le origini, riflettere sull’evoluzione della lingua e focalizzare l’attenzione sul “viaggio” delle parole per impadronirsene, è il mezzo più efficace per migliorare il nostro linguaggio e far maturare il nostro pensiero. Il presente progetto si prefigge tale finalità attraverso un percorso di latino commisurato alle capacità di comprensione dei bambini. Il titolo è stato mediato dal libro della professoressa Magnante Trecco, che costituirà il supporto didattico utile per offrire input significativi e sollecitare negli alunni il gusto per la ricerca linguistica e per far loro comprendere che la lingua cambia con il passare del tempo, ma ha alla base una radice che non si estingue.
L’ approccio ludico e la dimensione favolistica sono finalizzati a suscitare la motivazione ad apprendere degli alunni senza soffocare la loro naturale predisposizione alla fantasia.


FINALITA’
Garantire un primo approccio con la lingua latina per comprendere le origini di quella italiana.
Migliorare le competenze linguistiche degli alunni.
Suscitare il gusto per la ricerca e la riflessione linguistica.

OBIETTIVI EDUCATIVI
Migliorare le capacità relazionali.
Acquisire maggiore autostima.
Sviluppare la creatività e lo spirito critico.
Riconoscere il valore della tradizione classica.

OBIETTIVI DIDATTICI
Conoscere le origini della lingua italiana
Stabilire un contatto con la civiltà latina
Ricavare le etimologie latine dalle parole italiane
Conoscere massime e proverbi latini
Realizzare confronti tra parole latine e parole italiane
Rilevare parole latine tuttora in uso
Ricercare curiosità etimologiche
Rilevare l’uso di prefissi e suffissi latini
Giocare con la lingua

CONTENUTI
Parole italiane e latine a confronto
Massime e proverbi
Le parole latine usate nel linguaggio corrente
Somiglianze e differenze tra le due lingue
Curiosità etimologiche
I prefissi e i suffissi latini
I neologismi

PERCORSO DIDATTICO
La famiglia
I numeri
La casa
Il tempo
La scuola
L’Olimpo
I miti

ATTIVITÀ’
Lettura di racconti dal testo in adozione
Conversazioni guidate
Ricerche
Apprendimento mnemonico di parole , massime e proverbi (memoriae mandate)
Disegni
Schede di analisi linguistica
Attività laboratoriali
Esercitazioni
Realizzazione di un vocabolario latino-italiano
Giochi linguistici
Lavori sul testo

METODOLOGIA

Sarà privilegiata una metodologia attiva, di ricerca e confronto, atta a suscitare la motivazione ad apprendere attraverso la lettura di racconti tratti dal libro “Flos”. Gli alunni saranno sollecitati a riflettere sull’origine delle parole e quindi a cogliere l’aspetto dinamico della lingua ed a comprendere , attraverso il
contatto con la civiltà romana, da essa veicolato, l’importanza delle nostre radici culturali.
L’apprendimento mnemonico di parole, prefissi, suffissi, massime ed acronimi latini garantiranno l’ampliamento del patrimonio lessicale.
Sarà inoltre utilizzata la didattica laboratoriale, per coniugare il sapere con il saper fare e consolidare, attraverso percorsi operativi, le conoscenze acquisite, realizzando dei prodotti “finali” che costituiranno oggetto di una mostra finale.
A conclusione del progetto sarà realizzato, in collaborazione con le famiglie, il “Certamen amicitiae”, nel corso del quale saranno consegnati agli alunni gli attestati di frequenza.


TEMPI
Il progetto sarà realizzato in orario pomeridiano, a partire dal mese di febbraio fino al mese di maggio.
Sono previste n˚25 ore di lezione frontale, distribuite in incontri di due ore.

RESPONSABILE DEL PROGETTO
Insegnante Aida Dattola

RISORSE UMANE
Insegnanti: Aida Dattola,Maria Pia Sigilli, De Lorenzo Luciana.
Collaboratore scolastico.

DESTINATARI
Alunni della classe quinta A del plesso “F. Sofia Alessio”.

MEZZI
Schede, cartoncini bristol, gessi, pennarelli, CD-ROM, fotocopiatrice, computer, videoproiettore.

VERIFICA –VALUTAZIONE

Le prove di verifica saranno somministrate in ingresso, in itinere e alla fine del percorso e mireranno ad accertare la capacità degli alunni di riflettere sui legami
esistenti tra la lingua latina e l’ italiano, per una più approfondita conoscenza dello stesso, di rilevare le loro progressive conquiste linguistiche e di giocare con la lingua.

Saranno proposti test di vario tipo:
Orali
Prove del tipo vero/falso
Cloze
Schede di analisi linguistica
L’intero percorso sarà sintetizzato in un CD ROM che sarà presentato alle famiglie.


Uscita didattica proposta: Gerace-Locri
Il percorso didattico proposto nel progetto “Flos-Latino da favola” implica una conoscenza della civiltà romana e delle tracce rimaste nel presente; pertanto, si definisce un itinerario di conoscenza nel territorio circostante e si identificano nei centri di Locri e Gerace i luoghi deputati a far rivivere il passato.
Citata da Virgilio, che nelle Georgiche parla della gran produzione di pece delle sue selve, Locri, città della Magna Grecia, conserva testimonianze dell’epoca romana: la necropoli, i resti del teatro e i resti dello stadio romano. Si può visitare, inoltre, l’Antiquarium, edificio moderno in cui sono raccolti reperti di
scavi provenienti dall’antica necropoli e da collezioni private.
Gli alunni, oltre al contatto con le testimonianze della passata civiltà, potranno stabilire un rapporto diretto con la lingua latina, leggendo le epigrafi ed altri documenti.
Anche a Gerace è possibile rilevare tracce dell’antica Locri, come le colonne trasportate dal tempio pagano della dea Proserpina ed inoltre, visitando le botteghe artigianali del borgo, si potranno osservare le riproduzioni di vasi, maschere ed altre opere d’arte.



Anno scolastico 2008-2009

DIREZIONE DIDATTICA STATALE 2° CIRCOLO “Francesco Sofia Alessio”
37° Distretto Scolastico - Via Corrado Alvaro, 1
89029 TAURIANOVA (RC)
Tel. 0966/612031 – fax 0966/614419 codice fiscale:92031070805


Insegnante responsabile
Aida Dattola


Dirigente Scolastico
Dott.ssa Maria Antonella Timpano

Dalla solidarietà alla condivisione

“DALLA SOLIDARIETÀ ALLA CONDIVISIONE”
a cura di Paolo Enrico Guidobaldi


Quando mi è stata offerta l’opportunità di intervenire in qualità di Relatore in questo nostro incontro ho accettato non senza preoccupazione per la complessità e vastità dell’argomento.
La curiosità di investigare in un ambito giuridico in qualche modo inflazionato per l’attenzione dei media ha comunque prevalso sulla opportunità di astenersi dal disquisire in questa sede davanti ad Autorevoli colleghi su tale argomento.
Per questa ragione l’ambito della presente relazione avrà più i connotati di una serie di quesiti giuridici proposti per suscitare ulteriori spunti di riflessioni, una sorta di prolusione alla quale dovranno necessariamente seguire ulteriori approfondimenti, che una relazione esaustiva come ci si aspetterebbe.
Così, pur consapevoli del fatto che, proporre un titolo quale quello “Dalla solidarietà alla condivisione”, poteva apparire ai più come una ripetizione di termini già usati in altri ambiti e per altri tipi di incontri, si è nuovamente voluto proporre, quasi per esorcizzare la difficoltà connessa alla vastità della materia.
Il proseguo della presentazione postula preliminarmente l’identificazione del significato che in questa sede si è voluto attribuire alla parola “solidarietà”, concetto di per sé esplicitato dall’impegno assunto dal Legislatore per i minori stranieri presenti in Italia mediante: “…programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie” (art. 33, comma 2, lettera a D. Lgs. 286/1998).
Alla stregua di tale impostazione, la giurisprudenza ritiene di individuare nelle disposizioni di rango costituzionale anche il concetto di “condivisione” al fine di: “ … apprestare gli interventi essenziali quoad vitam diretti alla eliminazione della grave patologia che affligge lo straniero” (Cassazione civile , sez. I, 24 gennaio 2008, n. 1531, ed inoltre cfr. Cass. 20561/06).
Sono parole solo apparentemente inflazionate che, tuttavia, rappresentano la sintesi di un percorso sociale ed umano, espressione di una sorta di assuefazione e di sottovalutazione dei fenomeni sociali che a loro volta generano paure e che spingono il legislatore ad intervenire con atti di urgenza e di necessità, modificando con un solo provvedimento sia il diritto sostanziale che il diritto processuale penale, creando sconforto nell’interprete.
Com’è a tutti noto, la Legge 24 luglio 2008, n. 125 detta misure più stringenti per persone che, a vario titolo, sono presenti nel nostro territorio e le qualifica utilizzando una terminologia che etimologicamente rimanda al latino “extraneus”, ovvero colui che è presente sul territorio dello Stato pur non avendo la cittadinanza italiana.
Fino all’entrata in vigore del D. L. del 23 maggio 2008, n. 92 (convertito successivamente con modificazioni nella Legge 125/2008), per l’Ordinamento italiano, gli stranieri, erano unicamente i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e gli apolidi (cfr. art. 1, comma 1, Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 289) chiarendo altresì che tutte le norme dettate nel Testo Unico non si potessero applicare “…ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli…” (art. 1, comma 2 D.Lvo 289/98).
Per tutti coloro i quali potevano beneficiare di un passaporto comunitario, in caso di allontanamento per necessità od opportunità, si sarebbe dovuto comunque applicare una normativa differente e questo per: “… garantire la piena ed integrale attuazione delle norme comunitarie relative alla libera circolazione delle persone in materia di ingresso, di soggiorno, di allontanamento…” (cfr. art. 45, comma 2, lettera a- Legge 6 marzo 1998, n. 40).
L’ultima disposizione testé citata, trova un corrispondente nel combinato disposto degli artt. 2, 3 e 12 Tratt. CE, che sancisce il principio della parità di trattamento di tutti i cittadini dell’Unione Europea con il connaturale ed espresso divieto di discriminazione delle persone in base alla cittadinanza e/o alla residenza degli stessi.
Oltretutto, il principio della parità di trattamento, enunciato sia dal Trattato, sia nel Regolamento CE n. 1612/68 (relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità), vieta non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma altresì qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato.
Tale rigorosa interpretazione, necessaria a garantire l’efficacia di uno dei principi basilari della Comunità, è altresì espressamente riconosciuta dal preambolo (nr. 5°) del citato Reg. CE n. 1612/68, nella parte in cui si legge che la parità di trattamento dei cittadini deve essere assicurata ”di diritto e di fatto”.
Tale visione giuridica ultranazionale, trova sostegno e conforto nel Regolamento n. 1612 del 1968 dove – agli artt. 10-12 – dispone che: "..hanno diritto di stabilirsi con il lavoratore, cittadino di uno stato membro occupato sul territorio di un altro stato membro, qualunque sia la loro cittadinanza, il coniuge e i loro discendenti minori …o a carico nonché gli ascendenti (genitori) di tale lavoratore e del suo coniuge (anche extracomunitario) che siano a suo carico".
In tal senso è da interpretare anche l’art. 18 del Trattato Istruttivo della Comunità Europea nella parte in cui prevede il diritto di libera circolazione dei cittadini comunitari e riconosce un diritto soggettivo di ogni cittadino dell’U.E. al rilascio della carta di soggiorno.
Dal un punta di visto meramente sistematico, il Testo Unico poteva lasciar intendere di essere in una fase ideologico-dogmatica tale da consentire di far tornare in auge, almeno per l’Europa Comunitaria, l’espressione romanistica tradizionale di una “societas generis humanis”, con norme superiori condivise da un ambito esteso di persone sottratte, almeno in parte, all’imperio di una sola realtà statuale.
Con l’entrata in vigore della Legge 24 luglio 2008, n. 125 si deve prendere atto della circostanza per la quale la citata norma rappresenta sicuramente l’esercizio delle prerogative della Sovranità nazionale con la conseguente crisi dell’universalismo giuridico continentale, tanto enunciato.
La difficoltà tecniche della nuova normativa, tuttavia, non si esauriscono qui in quanto si devono segnalare alcune imprecisioni nella terminologia utilizzata, certamente risultato di una fretta eccessiva nella compilazione del testo.
Un primo indizio lo si ricava dalla lettura del titolo dell’articolo 235 del codice penale, così come modificato dalla citata legge (125/08), il quale precisa che, la norma che segue, detta disposizioni sulla “Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato”.
Pur consapevoli che “Rubrica legis non est lex”, è solo nel testo si rinviene la precipua volontà del Legislatore in quanto ivi prescrive che: “Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea…” (art. 235 CP).
L’indicazione immediata che si ricava dalla lettura del testo è che con la Legge 24 luglio 2008, n. 125 si sia voluto distinguere tra il cittadino italiano e la persona presente nel territorio dello Stato senza altra specificazione, ponendo sullo stesso piano lo straniero ed il comunitario.
Elemento linguistico che pone le due situazioni sullo stesso piano giuridico e concettuale è l'uso di una congiunzione: così, mentre nella lingua scritta la congiunzione “ovvero” continua a permanere con il suo senso avversativo, in questo caso il Legislatore sembra abbia inteso utilizzarlo più nel suo senso di linguaggio parlato e attribuirgli sicuramente quel significato esplicativo che tende ad abbreviare e semplificare termini e costruzioni espressive e ad attribuirgli il valore di "Ovverosia".
Verosimilmente si ritiene che in questo caso possa avere anche il valore di congiunzione disgiuntiva-esclusiva, presentando allora due possibilità alternative l'una all'altra.
Chiaramente non si obietta nulla circa la legittimazione di emanare tali disposizioni, ma corre l’obbligo di chiarire che la c.d. “autoritas” ha indirettamente enunciato il principio della obbligatorietà di una norma qualificando tutti i non cittadini italiani come “homines viatores” e questo determina una serie di problematiche.
Tentando di definire giuridicamente il concetto sopra espresso, il Legislatore – con la L 125/08 - ha inteso distinguere in due categorie quanti sono presenti sul territorio dello Stato,: nella prima sono inseriti quanti, per lo “ius sanguinis” o per lo “ius soli”, possono beneficiare delle disposizioni rese dalla Legge 5 febbraio 1992 n. 91; nella seconda gli stranieri ed i cittadini comunitari.
Rimane da comprendere cosa intenda il legislatore con il termine straniero e come considerare da un punto di vista giuridico, le persone presenti in Italia e suddivisibili in sottocategorie così da comprendere:
a) lo straniero profugo (ritenuto tale per essere una persona costretta ad abbandonare la propria dimora ed i propri affetti a causa di conflitti bellici o di eventi di varia natura, più o meno violenti, od a seguito di catastrofi naturali) e, comunque, non garantiti e tutelati da disposizioni particolari (cfr. Circ. PCM Dica 2428/terza/19.10.6.1 del 15.3.2002; Legge 15 ottobre 1991 n. 344; Legge 26 dicembre 1981, n. 763);
b) lo straniero migrante (per essere stato considerato a suo tempo uno sfollato);
c) lo straniero rifugiato (comunque tutelato agli artt. 32 e 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 in quanto ratificata con Legge 27 ottobre 1951, n. 1739);
d) lo straniero richiedente asilo (garantito nell’Ordinamento italiano direttamente dall’art. 10, 3 comma Costituzione);
e) lo straniero apolide (qualificabile come categoria protetta in quanto rientrante nell’espressa previsione dell’art. 19 T.U. del Decreto legislativo 286/98 e per i quali non valgono sia i provvedimenti di espulsione sia il respingimento alla frontiera). Corre l’obbligo di sottolineare che in questo caso è possibile applicare lo status di apolidi solo a quanti sono riconosciuti come tali (cfr. Convenzione di New York del 1954 relativa allo status degli apolidi; Convenzione del 1961 sulla riduzione dell'apolidia), ma anche a quanti come nel caso dei Bedoun, una popolazione numericamente considerevole in alcuni paesi della penisola araba, fra i quali il Kuwait, che vivono da generazioni “ereditando” la non cittadinanza: per inciso la parola “bedoun”, nella loro lingua, significa “senza”.
Sicuramente un altro discorso deve essere fatto per un’altra sottocategoria di stranieri che sopra non sono stati considerati e che in qualche modo beneficiano di uno status tale da essere considerati.
Senza dover scomodare il principio enunciato l’art. 3 della Costituzione, appare necessario che a quanti sopra elencati, si debbano poi aggiungere gli stranieri rientranti nell’ipotesi dell’art. 19 D.Lgs. 286/98 e qualificati dalla norma come una serie di categorie protette quali: a) lo straniero minore di anni 18, salvo il diritto del minore di seguire il genitore o l'affidatario espulso; b) lo straniero in possesso della carta di soggiorno; c) lo straniero convivente con parenti entro il quarto grado o il coniuge, di nazionalità italiana.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha inoltre inteso individuare prevedere meritevoli di tutela anche altre due sottocategorie: a) la donna straniera in stato di gravidanza ed il di lei figlio fino al sesto mese dalla nascita (cfr Corte Costituzionale, Sentenza 12.7.2000, n. 376); b) lo straniero in gravi condizioni di salute (Corte Costituzionale, Sentenza n. 252 del 5.7.2001).
Solo a titolo di provocazione ci si chiede: premesso che l’art. 2 Costituzione riconosce: "… i diritti inviolabili dell’uomo" ed il successivo art. 24 Cost. utilizza l’aggettivo “tutti” con funzione attributiva – per indicare la totalità delle persone -, forse la Legge 24 luglio 2008, n. 125 ha inteso fare qualcosa di innovativo.
Allora per comprendere lo status di tali stranieri intoccabili bisognerebbe scomodare Seneca che, nel suo “De Beneficiis”, precisava quanto fosse fondamentale distinguere tra il “beneficium” (inteso come dono autentico elargito a modello dell’agire degli dei) ed il “munus” (atto volto a gratificare o ad esaltare il donatore).
Sembra, pertanto, drammaticamente riproporsi il pensiero di Raoul Follerea il quale affermava che:
"una grande povertà toglie all’uomo ciò che c’è di prezioso per lui, la sua dignità di uomo"
ed i giuristi dovrebbero ricordare
"Non c'è pace senza giustizia"
(Giovanni Paolo II - messaggio per la giornata della pace 2002).

sabato 29 novembre 2008

CLE - Convegno L'Aquila 24 Agosto 2008



Il M° Nemo Cerasoli



Corale 99 con il M° Ettore Maria Del Romano (a destra)



M° Maria Pia Di Gioia (Soprano) con la piccola Francesca




Da sinistra: Prof.ssa Loredana Marano (Vice Presidente CLE), Avv. Paolo Enrico Guidobaldi (Presidente CLE L'Aquila Sez. Abruzzo-Molise), Don Nunzio Spinelli (Rettore Basilica di Collemaggio), Prof.ssa Roberta Magnante Trecco (Vice Presidente CLE L'Aquila Sez. Abruzzo-Molise)



La Prof.ssa Roberta Magnante Trecco (Vice Presidente CLE L'Aquila Sez. Abruzzo-Molise) durante la sua presentazione



M° Maria Pia Di Gioia (Soprano)



giovedì 13 novembre 2008

Alla scoperta della Lingua Latina




La Scuola Elementare Giovanni XXIII di L'Aquila
alla scoperta della Lingua Latina.


In via innovativa e sperimentale alcune classi della Scuola Elementare Giovanni XXIII hanno avviato un progetto di studio e conoscenza della Lingua Latina, partendo dal Libro della Prof.ssa Roberta Magnante Trecco: "Flos. Latino da favola".

Nel video presentato è raccontato tutto questo fantasioso ed avventuroso viaggio, compiuto insieme da insegnanti e alunni e conclusosi con l'apprezzamento finale di quella che è la nostra lingua madre e come tale non potrà mai essere "lingua morta".

Le voci dei bambini ripercorrono tutto il cammino compiuto, dal primo impatto "fisico" con il libro, studiato per essere accattivante e attraente, fino alla lettura cosciente e guidata delle favole proposte e scritte con particolare garbo e rispetto verso il mondo dei piccoli.

Il progetto di accostare Scuola Elementare e Lingua Latina - ideato e realizzato dalla Professoressa Magnante Trecco - è sembrato, sin dagli esordi, molto "avventuroso" perché, si sa, oggi si tende a sminuire l'importanza dell'antico e dei linguaggi che ad epoche passate sono appartenuti, ma in realtà, in questo caso, possiamo dire che l'esperimento è perfettamente riuscito!

Grazie dunque alla Professoressa Magnante Trecco per aver creduto nelle sue idee, alle Insegnanti della Scuola Elementare "Giovanni XXIII" di L'Aquila e a tutti i bambini che hanno saputo aprire il loro piccolo cuore a Flos ed alle sue incredibili storie.

Per questioni tecniche il video al momento è visibile soltanto sul post, ma a breve sarà online anche su YouTube.

mercoledì 15 ottobre 2008

Il segreto di Fiabolina - di A. Dattola

Il segreto di Fiabolina
Un vento burlone, soffiando delicatamente tra i rami di un mandorlo fiorito, fece cadere una manciata di petali madreperlacei, dai quali, per il magico intervento di una fata in vena di stravaganze, nacque Fiabolina, una creatura davvero fantastica.
Dal padre, burlone, ma gentile come uno zefiro primaverile, ereditò la possibilità di sfiorare con carezze delicate chiunque le si avvicinasse e di sbriciolare la realtà in un pulviscolo di raffinata allegria; dalla madre ereditò un cuore pieno di dolcezza, che la rese amabile.
Per Fiabolina, naturalmente, era difficile adattarsi alla banalità della vita quotidiana, perché nel suo patrimonio genetico predominava la fantasia e il mondo, nel quale regnavano spesso l’egoismo, l’ invidia e la cattiveria, le faceva un po’ paura. Eppure doveva viverci e sforzarsi di dare il meglio di sé in ogni situazione, perché questo aveva promesso, un giorno, a chi le aveva donato la vita. Fiabolina era sola. Raramente suo padre la visitava dallo spiraglio di una finestra e le accarezzava la fronte senza farsi vedere, o la avvolgeva, per strada, in vorticosi mulinelli, dimostrandole la sua voglia bambina di giocare.
Sua madre vegliava su di lei, ma i suoi numerosi impegni non le consentivano di dedicare un’ intera giornata al dialogo. Questo, per Fiabolina, era un piccolo dramma, ma per fortuna riuscì presto a porvi rimedio.I suoi primi amici furono i libri e lei ne lesse tanti per cercare di scoprire un mondo che non conosceva e che non finiva mai di stupirla. Tra le tante parole, dense di significato, le capitò di leggere ,un giorno,che per gli uomini i ricordi sono molto importanti e sono, in fondo, quelli che si meritano…

Dopo aver a lungo meditato, Fiabolina decise di costruire i suoi ricordi, magari aiutata dalla fantasia. Trovò in soffitta un grande baule di legno, intarsiato, ed incominciò a sistemarli con cura. La sua pazienza certosina le permise di catalogarli:scartando quelli brutti, che tuttavia appartengono alla vita di ognuno, Fiabolina vi riponeva i sorrisi, le strette di mano, le cortesie, le recite di Natale che la facevano commuovere , le note di un’ Ave Maria, le risate, i piccoli sotterfugi e persino qualche bonaria parola di scherno…

Fiabolina custodiva gelosamente questo suo segreto, pensando di essere un po’ strana, ma, grazie alle quotidiane letture, riusciva a trovare una giustificazione autorevole alle sue inconsuete fantasie.”Non si ha una vita se non la si racconta”, sosteneva uno dei più autorevoli studiosi, che scrivevano libri “”importanti”, perciò c’era un filo logico che univa quanto lei andava facendo: il racconto, anche un po’ fantastico , della vita, il ricordo che lo immortalava, il baule…

Bene!Anche se il suo rimaneva ancora un segreto, non le appariva così fuori dall’ ordinario. Anche altri come me-pensava Fiabolina-vivono intensamente la loro vita ed hanno magari un baule più bello del mio, senz’ altro diverso….

Chissà-le balenò in testa una di quelle idee bislacche ereditate dalla madre- chissà che non sia anch’io chiusa in un vecchio baule…e un leggero rossore le colorò il viso.
A giocare con i ricordi si azzecca sempre perché, anche se di per sé non sono belli, dentro un baule, coperti dai veli trasparenti del tempo, si colorano delicatamente ed acquistano un fascino particolare. Fiabolina era felice, ogni sera, quando apriva il suo scrigno segreto e metteva ordine fra le sue cose… le sembrava di accumulare un tesoro d’ inestimabile valore e di vivere bene la sua vita, immersa nella realtà e capace di appoggiarsi alla fantasia.
Anche quando la noia della routine soffocava la sua giornata, appiattendola fino a farla diventare apparentemente senza significato, Fiabolina si ritrovava a riflettere, la sera, e c’ era sempre qualcosa di buono da sistemare dentro il baule , magari una parola buona o un gesto gentile: bastava raccontare dolcemente anche le più semplici esperienze per tramutarle in un piacevole ricordo. Passavano gli anni ed il baule era ormai pieno zeppo .Fiabolina pensava che tutto quel materiale le sarebbe servito a rendere meno pesante una vecchiaia che sentiva lontana, ma che presagiva triste e noiosa e si immaginava, sdentata e rinsavita dal tempo, vivere frugando soltanto fra i suoi ricordi. Passarono gli anni, perché il tempo vola, specialmente se lo si spende bene, e Fiabolina, figlia del vento e di una fata svagata, giunse alla senilità.
Era una vecchina simpatica, rugosa, un po’ curva, ma continuava a sorridere,nonostante le mancassero tanti denti.Ora non doveva più correre, non doveva fare la fila , pagare le tasse, lavorare….finalmente poteva starsene chiusa in casa a meditare. Non riusciva più a leggere bene, perché la vista le si era annebbiata, non sentiva più le voci della strada…Solo la tenue carezza di suo padre le sfiorava di tanto in tanto la fronte e la vigile assenza di sua madre le faceva battere forte il cuore.Fiabolina, creatura fantastica, si sedeva sulla sua poltrona ed apriva il suo baule di ricordi…quanti! L e sua mani tremanti sollevavano con reverenziale rispetto i veli del tempo e ne traevano reliquie lontane, che le restituivano la passata felicità. Un giorno, in quel suo frugare diventato ormai smanioso, le capitò fra le mani n libro. Lesse a stento il titolo”Le gioie dell’ amicizia” e lo aprì, avvertendo una strana sensazione. Ne uscì un pulviscolo dorato che, complice sua madre, la fece tornare indietro nel tempo .
Si rivide allegra e spensierata in un prato verde, con un aquilone in mano. Correva, Fiabolina, e a lei si univano tanti amici, provenienti dai luoghi più lontani, anche loro con un aquiolone in mano, chegridavano al mondo la loro gioia di vivere e guardavano in alto, verso il cielo, presi dalla voglia di volare. Poi Fiabolina si trovava al centro di quel prato irradiato dal sole, il cinguettio degli uccelli faceva da sottofondo ad un momento di gioia sincera e i suoi amici la circondavano.Il cerchio si trasformava, come per incanto, in una spirale colorata di mani, di volti, di corpi felici e Fiabolina, osservando il suo aquilone, sentiva esplodere dentro di sé le gioie dell’ amicizia. Perciò lasciava che il suo aquilone vagasse libero nel cielo e tutti i suoi amici la imitavano, conquistando la loro libertà. Poi si regalavano una risata argentina, che raggiungeva i posti più lontani. Lei non era più Fiabolina, ma tutti quelli che le stavano intorno, perché "Non è quello che io sono che conta, ma quello che noi siamo, perché solo l’ amore libera dai limiti”Anche questo pensiero era tratto da un libro letto molto temo prima…
Il magico pulviscolo dorato si disperdeva nell’ aria e il libro penzolava dalle mani di Fiabolina, che si era addormentata serenamente, accarezzata dal vento suo padre e cullata dalla madre, mentre una manciata di apetali bianchi copriva la sua poltrona..I ricordi custoditi con cura nel baule se n’ erano andati con lei, ma il libro no, quello era rimasto; era la ricca eredità di una creatura fantastica e tutti avrebbero potuto leggerlo, correggerlo e continuare a scriverlo…Fiabolina vi aveva lasciato tante pagine bianche….

Aida Dattola

Qui in terra...una storia vera

Qui in terra

Era un tardo pomeriggio di aprile, uno di quei giorni in cui la primavera ci sfiora e ci accarezza come le manine dolci e soffici di un bimbo.

Il sole ancora alto sull'orizzonte, l'aria lieve come piuma sulla pelle, e tutt'intorno il risveglio leggero e festoso dei fiori, dell'erba, degli alberi.

Benché fosse un periodo difficile, tanta era la gioia nell'aria che ne fui contagiata: passai in un negozio e comprai allegramente due paia di scarpe per me.

Me ne andavo, così, spensierata e contenta.

Fu davanti alla Upim che incontrai quella giovane donna straniera. Era ferma, pareva in attesa. Le rivolsi uno sguardo stupito e curioso: di dov'era? Pelle ambrata, capelli neri e lucenti, grandi occhi scuri, un sorriso dolce e mite. Sorrisi anch'io, passandole accanto. E lei mi fermò, con grazia discreta. “Mi scusi se mi permetto, mi vergogno molto, sa, ma ho una bambina piccola che deve mangiare, e non ho nulla. Sono uscita da poco dall'ospedale, avevo un cancro alla tiroide”.

Era struggente. Sembrava una persona distinta e parlava un italiano eccellente.

Guardai le mie scatole di scarpe: non potevo comprarne solo un paio?

Le diedi qualche euro, e intanto le andavo chiedendo di lei, di come fosse finita in Italia.

Veniva dall'India, al confine col Pakistan, dove c'era la guerra. Era dovuta fuggire. Suo padre massacrato. Lei aveva venduto tutto a precipizio e con sua mamma e la sua bambina era venuta qui da meno di un anno. Ma i soldi erano svaniti in un attimo, assorbiti dal viaggio, e per mesi avevano dovuto dormire sotto i ponti di Roma, la bambina di circa due anni, la mamma di più di settanta. Erano poi giunte all'Aquila non so più per quale avventura. Avevano un tetto, del cibo. Ma presto lei si era ammalata, ricoverata, operata. Senza lavoro.

In India era rimasto il marito e l'unico avere: la casa. Ma anche la casa era andata perduta, rasa al suolo da una bomba tremenda. Per fortuna il marito era salvo.

Lei aveva studiato in Italia, dieci anni prima, e in India insegnava. Stavano bene, prima della guerra, una famiglia unita e felice.

Poi la guerra, e in due o tre anni la distruzione totale, di tutto, di beni e di affetti.

Sentivo d'istinto che era sincera, e rimpiansi ancor più le mie spesi superflue. Le diedi altri euro e le lasciai il mio numero di telefono: non potevo fare chissà che, le dissi, ma se le difficoltà fossero state troppe poteva chiamarmi.

E dopo un mese chiamò. La aiutavo un pochino, quel tanto che lascia dignità a chi riceve e non spianta chi da.

A giugno un nuovo problema: la sua salute era in bilico e aveva bisogno dell'ospedale di Pisa. Mi chiedeva solo il biglietto del treno, ma io feci di più: le comprai due cellulari, per lei e per la mamma, che almeno potessero sentirsi, e le diedi un po' di soldi da dare a sua mamma per vivere qui mentre lei era fuori. Pian piano tutto si sarebbe aggiustato.

Partì. Cura e speranze iniziarono. Passò qualche giorno tranquillo.

Poi una domenica pomeriggio squillò il mio cellulare: sua mamma mi cercava.
Sua mamma! Non parlava italiano, non mi aveva mai vista: che poteva volere? Gelavo. Raccolsi le forze e risposi. Una voce disperata dall'altra parte: “I have a problem” - Ho un problema. Mi gelai ancor di più: “I have a problem”, la voce dall'Apollo 13, il grido disperato di chi era senza ossigeno.

In una frazione di secondo immaginai qualunque cosa, con un terrore incontrollabile.

Lei ripeteva che voleva sua figlia, che non riusciva a chiamarla e io “Ma tu stai bene, la bambina sta bene?” continuavo nel mio inglese stentato; lei non mi ascoltava, gridava soltanto il nome di sua figlia. Va bene, le dissi, la chiamo subito e ti faccio chiamare, va bene.

Intanto annottava. Finalmente si poterono sentire: la mamma era a Roma, e tranne la disperazione non si riusciva a capire che fosse successo. La figlia lasciò a precipizio l'ospedale di Pisa e prese il primo treno per Roma in piena notte.

Il giorno seguente lo seppi: la povera donna era stata portata per due giorni al mare con la bambina – come fosse un grande favore – dalla padrona di casa, e poi lasciata ad una stazione della metropolitana perché si arrangiasse da sola a tornare con l'autobus all'Aquila. Ma una rissa tra ragazzacci aveva attirato la polizia e lei senza permesso di soggiorno e senza documenti era stata arrestata insieme alla bimba che piangeva disperata e spaventata chiamando la mamma lontana. Avevano il figlio di via per rimpatrio immediato. L'indomani l'imbarco in aereo per l'India.

La figlia dovette fare un giorno di fila in Ambasciata per ottenere di vedere per pochi minuti sua mamma e la bimba e far sì che almeno viaggiassero insieme.

Poi tornò all'Aquila (chi pensava più alle cure di Pisa?) e insieme facemmo il biglietto per l'India anche per lei: una volta là, avrebbe fatto tutti i documenti regolari per tornare tutti insieme in Italia: lei, la bambina, il marito e la mamma.

Calcolammo la spesa, le diedi il necessario e partì. In un mese sarebbe tornata.

Il tempo passò. Nessuna notizia. Telefono muto. Provavo a chiamare. Niente.

Alla fine di agosto uno squillo: era lei!! Dov'era? Com'erano andate le cose?

“Sono a Lugoj”, mi disse. “Lugo di Romagna, in Italia?”, le chiesi. “No, Lugoj in Romania. La bambina è morta”. “Ma che dci, che dici?”.

La bambina era morta a Lugoj, allo scalo del viaggio di ritorno dall'India all'Italia. Fino ad allora era andato tutto a meraviglia, i soldi erano bastati, i documenti a posto. Tutto, tutto come in un sogno, un sogno vicino, un sogno di vita futura, di salute, di bene.

Poi la tragedia . Da giorni la bambina non stava più bene, dormiva e dormiva e si lagnava del sonno che aveva; però ormai era vicina l'Italia, si sarebbe trovato un dottore, si sarebbe curata se c'era qualcosa.

Ma la povera bimba aveva già troppo sofferto, le sue difese annientate non avevano retto all'urto dell'India e la prima infezione l'aveva aggredita. Meningite si pensa. Era uscita in punta di piedi da una vita appena sfiorata e già piena di stenti e spaventi. Era morta in terra straniera, e la piccola terra per il suo corpicino s'era dovuta comprare nel cimitero di Lugoj, una terra di scarto per chi ha pochi soldi, sempre piena di acqua e di fango.

Ma i dolori hanno sempre gemelli in agguato. Per la nonna della povera bimba fu uno strazio più forte di lei e in due giorni impazzì. Fu ricoverata all'ospedale di Lugoj e vi rimasi per mesi. A Natale morì. Era stata schiacciata dal senso di colpa per aver accettato l'offerta del mare e tutto ciò che ne era seguito, e il dolore di tutto fu troppo.

Di venire in Italia non s'è più parlato per la coppia rimasta, con quelle tombe a Lugoj il loro cuore era lì, e il permesso di lei era scaduto.

La salute di entrambi vacillò, ma quella di lei peggiorava ogni giorno: i suoi occhi perdevano vista, il diabete alle stelle, la pressione impazzita. E il poco salario che il marito riusciva ad avere non pagava le cure. La miseria ed il cuore spezzato per la loro bambina. Altri bimbi non potranno mai averne perché lei non può più, deprivata anche in questo dalla sorte bizzarra.

Non so se esista qualcuno su in cielo.
Non so se veda qualcuno su in cielo.
Non so se pianga qualcuno su in cielo.
O forse, su in cielo, non guarda nessuno, non piange nessuno, non vive nessuno.
E il dolore scorre asciutto qui in terra.
Non ci sono più lacrime, ne compassione.
Il cielo e la terra hanno altro da fare




30 luglio 2008
Maria Grazia Cinzio

Relazione Prof.ssa Roberta Magnante Trecco

BUONASERA A TUTTI
E GRAZIE PER ESSERE INTERVENUTI COSI' NUMEROSI ED AVERE ACCOLTO IL NOSTRO INVITO IN UN MOMENTO IN CUI LA CITTA', IN CONCOMITANZA CON LE CELEBRAZIONI CELESTINIANE, OFFRE PIU' DI UN INCONTRO.
ABBIAMO PENSATO E VOLUTO QUESTO CONVEGNO CON LO SCOPO PRECISO DI RENDERE NOTA A TUTTI I NOSTRI CONCITTADINI E NON, LA NASCITA DELLA SEDE AQUILANA DEL CENTRUM LATINITATIS EUROPAE, UN CENTRO DI RILEVANZA EUROPEA CHE SI OCCUPA ORMAI DA TEMPO DELLA SALVAGUARDIA DELLA CLASSICITA' .
PERSONALMENTE, HO AVUTO MODO DO CONOSCERE LA COORDINATRICE GENERALE, QUI PRESENTE, LA PROF.SSA LOREDANA MARANO, VICEPRESIDE DEL LICEO SCIENTIFICO "EINSTEIN" DI CERVIGNANO IN PROVINCIA DI UDINE, PUBBLICISTA E CRITICA LETTERARIA, GRAZIE AD UNA DELLE SUE PUBBLICAZIONI APPUNTO UNA GRAMMATICA DI LATINO PER I LICEI E DA LI' I NOSTRI CONTATTI SEMPRE PIU' FREQUENTI, CI HANNO GUIDATO ALL'IDEA E AL DESIDERIO DI AVERE ANCHE QUI ALL'AQUILA UNA SEDE DEL CENTRUM LATINITATIS EUROPAE.
UN GRAZIE PARTICOLARE, INOLTRE, DA PARTE MIA LE SIA DOVUTO PER IL SOSTEGNO ALLA MIA PUBBLICAZONE FLOS LATINO DA FAVOLA, LIBRO CHE AVVICINA GLI ALUNNI DI TERZA, QUARTA E QUINTA ELEMENTARE ALLO STUDIO DELLA LINGUA LATINA, DEL QUALE SI PUO' LEGGERE UNA RECENSIONE SUL SITO OMONIMO DEL CENTRUM, DA LEI CURATO IN QUALITA' DI WEBMASTER. DI COSA SI OCCUPA IL CLE NEL MONDO ORA ANCHE IN AMERICA E DI COSA SI OCCUPERA' INVECE LA NOSTRA SEDE, SARA' ESPOSTO RISPETTIVAMENTE DALLA COORDINATRICE E DALL'AVV. PAOLO ENRICO GUIDOBALDI, PRESIDENTE DELLA DELEGAZIONE ABRUZZO-MOLISE, CHE HA OSPITATO NEL SUO STUDIO IL NOSTRO PUNTO CLE. VOGLIO RINGRAZIARE, INOLTRE, IL RETTORE CANONICO DELLA BASILICA DI COLLEMAGGIO DON NUNZIO SPINELLI PER L'APPORTO DATO E PER QUANTO DI INTERESSANTE VORRA' RIFERIRCI NEL SUO INTERVENTO CIRCA LA LINGUADELLA BOLLA CELESTINIANA.
UN GRAZIE PARTICOLARE VA ALLA CORALE 99, MAGISTRALMENTE DIRETTA DAL M.° ORGANISTA ETTORE MARIA DEL ROMANO, AL SUO PRESIDENTE IL M.° NEMO CERASOLI, AL SOPRANO M.° MARIA PIA DI GIOIA E A TUTTI GLI STRUMENTISTI, CHE CI ALLIETERANNO AL TERMINE DI QUESTO INCONTRO CON IL LORO PROGRAMMA MUSICALE. GRAZIE E BUON ASCOLTO IL VICEPRESIDENTE DEL CLE DELEGAZIONE ABRUZZO-MOLISEPROF.SSA ROBERTA MAGNANTE TRECCO L'AQUILA 24 AGOSTO 2008

giovedì 4 settembre 2008

RADIO ZAMMU' - Una giovane iniziativa

Il latino lingua morta?
Neanche a parlarne...e lo dicono anche i giovani!

Una delle tante testimonianze dell'innovativo connubio tra tecnologia e classicità ci arriva dalla Sicilia, precisamente dall'Università degli Studi di Catania.
All'interno del Palinsenso di Radio Zammù, la radio dell’Università degli studi di Catania, nata dal Laboratorio "Radio sul web", nell’ambito del MediaLab della facoltà di Lingue e letterature straniere, in onda su Internet e da maggio 2007 anche su frequenza FM (101,00) su Catania e provincia, è trasmesso un radiogiornale interamente in lingua latina, dedicato alle notizie più importanti della settimana, che vengono attentamente raccolte e tradotte nella lingua degli antichi romani.
L'idea nasce da Francesco Carciotto, insegnante di Liceo che, in un viaggio in Finlandia ha conosciuto gli autori dell'unico radiotelegiornale in latino al mondo, in onda da quasi 20 anni sulla tv di stato Finlandese.
Ed ecco la presentazione in lingua del Radiogiornale:
"Nuntii Latini Italici sunt emissio radiophonica Universitatis Studiorum Catinensis. Nuntii Latini Italici semel in hebdomane eduntur die Veneris hora septima post meridiem. Horum nuntiorum auctores sunt Franciscus Carciotto, Carmelus Consoli et Iosephus Marcellinus. Locutores sunt Iosephus Marcellinus et Alexandra Iacono. Hi nuntii orti sunt sub auspiciis Circuli Latini Catinensis."
Sul sito di Radio Zammù è possibile anche scaricare ed ascoltare liberamente i file dei Nuntii Latini.

giovedì 28 agosto 2008

Convegno "Ad Fontes" - Relazione

CENTRUM LATINITATIS EUROPAE
Convegno: “Ad fontes”

L’Aquila – Sala Celestiniana – Basilica di Collemaggio
Domenica 24 agosto 2008 ore 18,30

Relazione del Presidente della Delegazione C.L.E. Abruzzo-Molise
Avv. Paolo Enrico Guidobaldi
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Vi ringrazio per aver accettato l’invito e di essere presenti così numerosi in questo caldo pomeriggio d’estate e preferire, agli svaghi della domenica, argomenti culturalmente impegnativi ed unitamente al saluti del Direttivo del CLE Abruzzo Molise aggiungo, per ognuno dei presenti, il mio personale benvenuto.

Rivolgo, inoltre, i miei più vivi e fraterni ringraziamenti al Rettore della Basilica di Collemaggio, Don Nunzio Spinelli, alla Chiarissima Prof.ssa Loredana Marano che ci ha onorato della Sua presenza, proprio nella giornata di presentazione ufficiale della nostra iniziativa e pubblicamente vorrei ringraziare la Segretaria Organizzatrice dell’evento e Vice Presidente del CLE Abruzzo Molise, la Prof.ssa Roberta Magnate Trecco, la quale, con abnegazione e sacrificio, ha reso possibile la nostra presenza in questa sede.

Saluto, inoltre, il Rettore del Convitto Nazionale di L’Aquila, Dott. Prof. Livio Bearzi, le Autorità civili e religiose presenti e, certamente, non da ultimi, il M° Luigi Guardigli, autore di incisioni di opere su commissione di artisti storicamente noti, come Picasso e Guttuso e l’Ing. Antonio Pacilè.

La Delegazione Abruzzo Molise del CLE è stata costituita solo dopo un’attenta ed accurata ricerca tentando di far coincidere la porzione di territorio assegnata alla sua giurisdizione con un’area che fosse la più omogenea possibile per popolazione residente, per storia e per cultura.

Si è cercata una metodologia che individuasse nei valori condivisi la ragione della nostra presenza e proponesse i contenuti della nostra offerta culturale non come una curiosa ed elitaria bizzarria, ma come espressione di un vissuto condiviso che, partendo dalla scoperta delle radici comuni, facesse apprezzare il valore dell’iniziativa.

Non è un caso che per il nostro incontro si sia stato scelto il titolo “Ad fontes”, in modo tale che possa essere assunto unicamente come qualificazione propositiva di un modo di essere, di appartenere, di desiderare, di condividere e ricercare.

Vogliamo comprendere il nostro passato per capire da dove veniamo e chi siamo e questo solo per tentare di contribuire alla ricerca delle identità, perchè siamo convinti che, così come riportava Cicerone nel “De oratione Lib. II, 9, 35”, “Historia est magistra vitae” ovvero: "Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis" (La storia infatti è testimone del tempo, luce di verità, maestra di vita, messaggera del passato).

Non dimentichiamo che siamo il risultato della grande tradizione giudeo – cristiana [1] che ha diffuso il valore di persona, di rispetto dell’essere umano ed il principio della solidarietà tra le genti e che ha permeato la società occidentale di una concezione per cui: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” [2].

Per questa ragione oggi siamo nella condizione di attingere alle fonti storiche del nostro passato e lo vorremmo fare tentando di spiegare che in noi c’è un desiderio forte, che meglio può essere compreso utilizzando la similitudine tratta dal Salmo 41 (42): “come la cerva anela all’acqua, così l’anima mia desidera te o Dio” [3].

Per tentare di raggiungere i nostri scopi associativi, abbiamo prima di tutto cercato di comprendere le caratteristiche del territorio ed abbiamo cercato di applicare le regole classiche dove – non per nostra scelta - la realtà operativa doveva coincidere con una medesima circoscrizione la più omogenea possibile.

Per far comprendere meglio tale metodologia, si ritiene sia opportuno richiamare l’attenzione sulla circostanza che attualmente la Chiesa Cattolica definisce l’interazione esistente tra popolazione e territorio come “dioecesis” [4] e la presenta usando la medesima terminologia utilizzata dall’Imperatore Diocleziano quando divise l'Impero Romano in distretti amministrativi[5].

Anche in questo caso si è scelto di ricorrere alla metodologia che richiede di attingere “ad fontes” per non dimenticare chi siamo e da dove veniamo e costruire, intorno alla Provincia Valeria (allargata dai Franchi ai territori dei Marrucini, dei Frentani e dei Piceni), una realtà condivisa.

Per tale ragione si è proposto e realizzato un progetto culturale che intervenisse su una zona delimitata a nord dal fiume Truentus (oggi meglio noto come Tronto – fiume che per secoli ha diviso gli Stati della Chiesa dal Regno di Napoli) ed a sud dal fiume Fortore.

Forse perché inconsapevolmente influenzati dai Frentani, popolazione (presumibilmente di origine illirica) che, insediatasi tra i due bacili idrografici sopra indicati, già a partire dal secondo millennio A.C, venne poi assimilata ed integrata dalla cultura italica adottandone, dieci secoli dopo, anche la lingua, tanto da essere ascritta dagli storici tra le popolazioni italiche.

È pur vero che dobbiamo rispettare le particolarità sorte successivamente e tenere conto del fatto che già Carlo I d’Angiò, divise nel 1272, quello che veniva denominato il “giustizierato d'Abruzzo” [6] in due province: ultra flumen Piscariae o Abruzzo ulteriore e citra flumen Piscariae o Abruzzo citeriore, con un unico governatore residente a Chieti.

Come spesso capita nella nostra storia, dopo l’insediamento nel 1641 dell’agognato Preside di Aquila, la provincia però venne ridotta nelle dimensioni con l’istituzione, nel 1684, di un terzo Preside a Teramo e con la conseguente e naturale divisione della provincia “ulteriore” in due parti.

Tale situazione venne in qualche modo confermata nel 1807 quando, sotto il regno di Giuseppe Bonaparte (che fu Re di Napoli dal 1806 al 1808), l’area venne giuridicamente distinta in Abruzzo ulteriore I e in ed Abruzzo ulteriore II.

Agli inizi dell'Ottocento quindi la regione era divisa nelle tre province: di Abruzzo ulteriore I, con capoluogo Teramo; Abruzzo ulteriore II, con capoluogo L'Aquila; e Abruzzo citeriore, con capoluogo Chieti.

Destino differente aveva avuto il Molise diviso come era in tre giustizierati diversi, il Contado del Molise, l'Abruzzo citeriore e la Capitanata.

Occorrerà attendere la promulgazione della Costituzione della Repubblica ( 22 dicembre 1947), per trovare nuovamente insieme le aree comprese tra i fiumi Tronto e Fortore, in modo da costituire nuovamente un’unica realtà amministrativa denominata Abruzzi.

Così come venne riunita, parimenti venne separata e, con Legge costituzionale 27 dicembre 1963, n. 3, "Modificazioni agli articoli 131 e 57 della Costituzione”, venne istituita la Regione Molise, dividendo di fatto in due un’area omogenea.

Per tale motivo si è pensato di creare la XXVI Delegazione del CLE unendo nuovamente tutti i territori originariamente conformi, per proporre un nuovo cammino che ci veda uniti per il perseguimento dei medesimi fini.

Non vorremmo, però, fermarci alle motivazione della proposta su un’area territoriale e chiudere l’offerta culturale.

L’idea di proporre la lingua latina come veicolo di comunicazione moderno e condiviso trova le ragioni, proprio nella condizione di un’Europa divisa, lacerata da una pluralità di linguaggi, incapace di trovare una sintesi che la faccia uscire dal proprio torpore e nella babele nella quale si trova.

Per secoli la lingua latina è stata lo strumento usato per comunicare, in quanto figlia ed erede di una cultura sopravissuta alla realtà politico-militare che l’aveva diffusa.

Tuttavia viviamo una strana condizione: avversiamo la lingua latina, la consideriamo retaggio anacronistico di un’era morta e quanti la propongono nuovamente sono considerati reazionari, conservatori e vetusti.

Si accusano quanti vogliono proporre nuovamente il latino come veicolo di comunicazione sociale, di essere anacronistici in quanto, ormai, l’insegnamento è di fatto sparito dalle scuole italiane ed è stato soppresso da decenni dalla liturgia cattolica.

Sicuri del loro modo di interpretare gli eventi, alcuni considerano una fortuna aver imposto nelle celebrazioni ufficiali della Chiesa Cattolica la lingua locale in quanto le vecchiette recitavano a memoria testi incomprensibili storpiandone il senso.

Eppure… eppure il legittimo Governo della civilissima e democratica Finlandia ha scelto (non proposto) la lingua latina come lingua ufficiale dell’Unione Europea [7] e dal 19 agosto 2007 il primo canale ha ripreso le trasmissioni radiofoniche in lingua latina [8] presenti nel palinsesto già a partire dal 1989.

Eppure a seguito della Lettera Apostolica data in forma di Motu Proprio ed avente il titolo di “Summorum Pontificum cura”, Sua Santità Benedetto XVI ha dettato norme sull'uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970 ripristinando la lingua latina.

Quanto sopra precede, non deve essere inteso come una polemica sterile, priva di senso e non propositiva, ma il contributo ad una riflessione tutta europea, per un continente che ha ampliato l’offerta culturale ed eliminato l’analfabetismo.

Prima di ascoltare la voce e l’interpretazione in lingua latina del “Domine Deus” di Vivaldi e del “Panis Angelicus” di Cesar Franck della Soprano Maria Pia Di Gioia, accompagnata – all’organo - dal Maestro Ettore Del Romano, dal Violinista Gaetano De Bendictis, dalla Violoncellista, Cristina Cerasuoli, e dal Coro “Novantanove” vorrei fare un’ultima riflessione.

Gli artisti testè citati eseguiranno i brani della liturgia cattolica ed utilizzeranno la lingua latina che molti danno per morta e sepolta.

Ebbene, nel mese di febbraio, entrando in una scuola di Roma mi capitò di leggere una frase scritta con un pennarello sui muri che vorrei in parte riutilizzare: “la lingua latina è così tanto avanti a noi che, volgendosi indietro, riesce a vedere il nostro futuro”.

Vi ringrazio ancora per essere presenti così numerosi.
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[1] Cfr. Andrea Pamparana, Benedetto. Padre di molti popoli, Ed. Ancora
[2] Vangelo di San Giovanni (Gv 8, 32).
[3] “Quemadmodum desiderat ceruus ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea ad te Deus” Psal. 41
[4] Concilio Vaticano II, Decreto “Christus Dominus” n. 11
[5] Jorge Ortega, Dentro la storia degli uomini, in: http://web.tiscali.it/INDACO/Ist_parr.htm Diocleziano divise l’impero in prefetture, diocesi e province.
[6] Termine con il quale veniva denominato un distretto amministrativo in periodo svevo ed angioino. Nel 1233, con capoluogo a Sulmona, venne istituito il Justitiaratus Aprutii. Con il Regno di Napoli ed il Regno delle Due Sicilie si preferì usare il termine di provincia.
[7] Testa giornalistica “La Gente d’Italia” Anno VII, Lunedi 3 Luglio- 2006
[8] http://www.italradio.org/portale/index.php?name=News&file=article&sid=945

lunedì 18 agosto 2008

Convegno "Ad Fontes"


E' previsto per il 24 agosto p.v. a partire dalle ore 18.30, a L'Aquila, presso la Sala Celestiniana, il Convegno "Ad Fontes" organizzato dalla Delegazione Abruzzo - Molise del Centrum Latinitatis Europae.


Al termine del Convegno la Corale Novantanove, diretta dal M° Ettore Maria Del Romano, eseguirà un concerto intitolato anch'esso "Ad Fontes"


venerdì 8 agosto 2008

Il latino per i più piccoli

Si può insegnare latino nella scuola primaria?
E' facile imparare il latino a 8-9 anni?


Questa la domanda che si è posta la Professoressa Roberta Magnante Trecco mentre si accingeva a scrivere il suo "Flos". E la risposta non poteva essere altro che...

SI!

L'autrice ha ideato una serie di racconti molto piacevoli ed interessanti per bambini della terza, quarta, quinta classe della scuola primaria. Protagonista è la Roma dei romani antichi, in cui vivono, si muovono, parlano bambini, famiglie, fiori, animali, dei e dee, oggetti che si animano: un mondo da favola che diventa una speciale porta d’accesso all’antico, un modo gradevole di apprendere famiglie di parole latine ed elementi grammaticali.

Il libro è diviso in tre sezioni, ognuna delle quali sviluppa tre unità, una dedicata ad elementi grammaticali, una ad elementi culturali, una alla mitologia. Ad ogni unità corrisponde un racconto.
Al termine di ogni storiella sono proposti esercizi di richiamo sotto forma di giochi sempre diversi, che spingono i bambini ad una partecipazione attiva perché viene chiesto loro non di ripetere, ma di riconoscere, trovare, mettere insieme, aggiungere, confrontare.

La piacevolezza del testo sta nella ricchezza e nella varietà delle situazioni, che sono in magnifico equilibrio fra presente e passato.
Una precoce dimestichezza con aspetti della cultura romana non può che facilitare l’acquisizione della dimensione del passato, oltre che l’acquisizione di termini e strutture latine. Flos è un libro da leggere non solo a scuola, ma anche a casa, perchè insegna ad essere curiosi, ad amare il sapere, oltre a veicolare anche altri valori molto importanti.
Recensione a cura della Prof.ssa Loredana Marano
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Flos - Latino da Favola
ED. INTERBOOKS 2006 €15,00
http://www.latinodafavola.it/

Obiettivi e speranze

Cosa si propone il Centrum Latinitatis Europae.


Il CLE si propone una serie di scopi ambiziosi, certamente di non facile realizzazione. In primo luogo si tratta di elaborare e proporre idee e programmi per la salvaguardia e la rivalutazione della Latinità, della Grecità, dell'Umanesimo e della cultura classica in genere, con un'attenzione particolare all'epoca tardo-latina, paleocristiana, medievale, rinascimentale e dell'epoca moderna, e ciò in vista di un lavoro interdisciplinare di vero stampo europeo, capace di inserirsi nel tessuto scientifico, culturale e filosofico dei tempi di oggi, dando impulsi di vario genere alla discussione sui temi più importanti della società contemporanea.
È intenzione del CLE organizzare nei prossimi anni manifestazioni di vario tipo dedicate a queste finalità, operare in sintonia con il mondo universitario e scolastico e cercare collaborazioni con note Accademie ed Istituzioni italiane ed estere. In questo modo si vuole contribuire alla rivalorizzazione e alla riscoperta di un patrimonio, in parte dimenticato e sicuramente sottovalutato.
Il latino non è solo quello di Virgilio o di Cicerone, ma anche l'eredità letteraria degli scrittori cristiani che contano sempre meno in programmi scolastici che ormai prevedono, in molti Paesi europei, una drastica riduzione dell'insegnamento della lingua communis del nostro continente.
Il "Centrum Latinitatis Europae" è orientato verso la promozione dei valori più alti dell'umanità:il diritto dell´uomo singolo a una vita dignitosa,il diritto dei popoli del mondo al rispetto della propria civiltà e cultura, il diritto di tutti gli uomini di buona volontà a una vita in pace e benessere ragionevole. La pacifica convivenza nel reciproco rispetto delle caratteristiche di ciascun popolo, di ciascuna civiltà, delle varie religioni del mondo,delle tradizioni e modi di vita diversi, il dialogo fra gli uomini di tutte le provenienze e di tutte le esperienze di vita sono elementi fondamentali per il nostro modo diessere “umanisti”. Intendiamo sforzarci per dare sempre nuovi contributi alla costruzione di un mondo nel quale possono convivere varie filosofie e culture divita. Il nostro lavoro deve essere anche un ponte tra l´Europa e il mondo intero,nel senso dello scambio di esperienze e concetti ideali. L´alta filosofia antica ed umanistica nelle sue emanazioni migliori ci insegna i valori della tolleranza, del rispetto, dell´amore per il prossimo e dell´amicizia oltre i limiti del consueto.

Centrum Latinitatis Europae

Il CLE si presenta...

Nel 1998 ha preso vita ad Aquileia (UD), luogo per eccellenza dei contatti culturali tra l´area mediterranea e l´Europa centrale, un nuovo Centro-Studi interamente dedicato alla salvaguardia, alla cura e alla reinterpretazione delle culture classiche. In collaborazione con la Fondazione per la Salvaguardia della Basilica di Aquileia, che cura gli interessi della Diocesi di Gorizia per quanto riguarda la tutela e la conservazione della basilica aquileiese, il Centrum Latinitatis Europae ha fatto partire il suo ambizioso programma, tenendo discussioni, conferenze, seminari e tavole rotonde in varie parti d’Italia e d’Europa.
Dal 2000 sono operativi i Punti-CLE di Cervignano (UD), Cividale del Friuli (UD), Ferentino (FR), Gorizia, Napoli e Trieste. Successivamente sono stati aperti i Punti-CLE di Arezzo, Sommacampagna (VR) e Verona. Di recente istituzione sono invece i Punti-CLE di Bassano, Catanzaro, Cosenza, Genova, Grado (GO), Milano, Modena, Montescaglioso (MT), Palermo, Ragusa, Reggio Calabria, Roma, Riva del Garda, San Severo (FG) e Treviso. Attualmente in Italia i Punti-CLE sono circa una ventina. In Europa siamo presenti ad Atene (Grecia), a Berlino (Germania), a Linz (Austria) e a Łódź (Polonia). Stiamo stringendo contatti operativi anche con la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, i Paesi Bassi, la Slovenia e l’Ungheria.
Il professore Rainer Weissengruber, figlio del ricercatore Franz Weissengruber, morto nell´agosto del 1998, al quale è dedicato il Centro-Studi per ricordare la sua attività di ricerca nel campo della cultura tardo-latina e patristica, è il presidente del Centrum.
All’inizio hanno efficacemente operato don Graziano Marini, direttore della Fondazione per la Salvaguardia della Basilica di Aquileia, e don Luigi Pontel, preside del Liceo Linguistico Europeo “Paolino d´Aquileia” di Gorizia, il prof. Giuseppe Reale (Reggio Calabria), fondatore ed ex-rettore dell’Università per Stranieri di Calabria; la prof.ssa Angiolina Lanza (Verona), instancabile organizzatrice di eventi, ed il dott. Franco Fornasaro (Cividale del Friuli), il prof. Piero Marangon. Nel 2002 sono entrati a far parte del Consiglio Direttivo la prof.ssa Loredana Marano, che ha dato grande impulso al fervore creativo, e il prof. Giampaolo Dabbeni (Trieste), che ha creato interessanti collaborazioni con l'Università di Trieste. Nel Comitato Scientifico lavorano i professori Gian Domenico Mazzocato (Treviso), Mauro Agosto (Napoli) e Fulvio Calabrese (Verona).
Il CLE ha buoni contatti con le associazioni di latinisti di varie parti d’Europa (ad esempio con la Sodalitas di Vienna), con Università e con numerose scuole superiori di vari indirizzi. I legami internazionali del Centrum Latinitatis Europae sono un elemento caratterizzante dell’attività che deve diventare sempre più di oltrefrontiera.
Nuova è la fondazione di una rivista scientifico-didattica sull’insegnamento delle lingue classiche (che riprende in parte concetti e modelli d´Oltralpe), con sede a Montella (AV), in collaborazione con l’Accademia Vivarium Novum.
Di particolare rilevanza sono i progetti delle “Accademie del CLE”: Montescaglioso (MT) per quanto riguarda la musica, Bassano del Grappa (VI) per l´Umanesimo letto in chiave moderna, Genova per le conversazioni al Caffè Latino, Gorizia per le tematiche della pace, Treviso per la ricerca nel campo della didattica. I sodalizi affiliati trattano tematiche specifiche: sono attivi il Sodalizio Anaunia Latina di Cavareno (TN), l’Academia Foederata Europae (Cividale del Friuli), in collaborazione con l´Archivium Forumjuliense. La carta di Cividale serve come orientamento filosofico di questo progetto. Il CLE partecipa attivamente a questa iniziativa, lavorando in sintonia su un vasto progetto culturale rivolto soprattutto ai giovani d’Europa.

martedì 5 agosto 2008

Diritti umani e passato

Diritti umani e passato: è tempo di dare nuovo slancio alla promozione dei diritti umani in nome di un miglioramento della qualità della vita.

Ogni società si preoccupa di conservare la memoria del suo passato, che risulta vitale per la tutela della propria identità. Questo principio vale anche nella vita del singolo: lo “smemorato”, cioè chi, per un trauma o per malattia, ha perso la memoria, si sente sperduto, privato della stessa identità di persona, incapace di dare senso al presente e, soprattutto, al futuro.
Nell’antichità la memoria del passato era affidato al sacerdote, il quale, depositario del Sacro, percepiva il valore del tempo che oltrepassa la vita del singolo uomo. La storia aveva il compito di tramandare l’uomo nella sua interezza. Oggi, invece, viene studiata con “metodo scientifico”, viene analizzata, sezionata per raccogliere informazioni, indagare su cause e conseguenze.

Solo nell’Umanesimo (1400) si è attuato uno studio sistematico del passato, della cultura di Roma antica, in particolare la storia, l’oratoria, il diritto, l’architettura, la letteratura, e della filosofia greca. Un secolo di studi, di confronti fra intellettuali di tutta Europa e con le culture orientali per creare il nuovo, lo splendido Rinascimento (1500).

Ritrovare l’Uomo al di là delle incrostazioni storiche, dei falsi bisogni, di ogni velleità di dominio sugli altri o sulla Natura, ritornare al Semplice, pur consapevoli della complessità è una necessità in un’epoca in cui la maggior parte ha smarrito il senso dell’umano; è un dovere nei confronti dei giovani a cui non lasciamo eredità culturali, ma solo ferite e una pericolosa corsa allo sfruttamento delle risorse naturali ed umane .

Non idealizzare né restaurare il passato, ma suscitare interrogativi, creare immagini di forte impatto emotivo, promuovere comportamenti che diano sostanza alle leggi sui Diritti Umani, questo è l’impegno in cui ci dobbiamo misurare. La legislazione in merito alla salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo è perfetta, ma è priva di un contenitore, cioè di quel consenso morale che costituisce la struttura, il supporto. E’ come se avessimo le istruzioni per l’uso dell’automobile, ma non l’automobile.

Il rispetto dei diritti è proporzionale al valore che attribuiamo alla Vita, all’ Uomo/Donna, alla Natura, perciò è su questo che si deve lavorare. In particolare va impostata diversamente la conoscenza della Natura, non per dominarla e rapinarla, come è stato fatto nel ‘900, quanto per indagare circa l’essenza dell’uomo, per individuare nuove finalità e nuove direzioni di senso.

La sfida è pressante e non vale più scaricare colpe e responsabilità su questo o su quello: siamo tutti chiamati a dare un contributo in prima persona. Questa è l’unico, vero modo di fare politica in una società enormemente dilatata, per cui è impensabile che una classe politica, per quanto virtuosa possa essere, riesca a moltiplicarsi per i milioni, i miliardi della popolazione.

Le alternative sono: uno stato di polizia con un rapporto uno ad uno, cioè un cittadino un poliziotto; oppure l’anarchia ed il prevalere del più forte.

Che fare?

Capire i principi in base ai quali si sono costituite le leggi (il diritto attuale affonda le sue radici nella cultura romana) e si è consolidato il diritto consuetudinario;
Creare potenti immagini tratte dal presente, capaci di sintetizzare un’idea e di suscitare cambiamenti di comportamento.
Confrontare le nostre immagini con quelle delle altre culture contemporanee, badando a non cadere nelle mille possibili ipotesi di interpretazione, ma rimanendo ancorati alla Semplicità: si deve privilegiare l’esempio, l’immagine, rispetto alla loro decodificazione.

Abbandoniamo l’idea del tutto e subito, in quanto non è così che la Natura procede: ci sono voluti secoli, millenni per costruire ogni struttura complessa. Perciò occorreranno anni e migliaia di persone per ottenere un minimo cambiamento.

Forse solo i nostri figli vedranno i primi risultati, ma sarà valsa la pena.


Loredana Marano

lunedì 4 agosto 2008

Presentazioni

Il punto CLE di L’Aquila (Delegazione Abruzzo-Molise), che ha trovato gradita ospitalità presso uno degli studi legali della città, grazie alla disponibilità del suo titolare Avv. Paolo Enrico Guidobaldi, patrocinante presso i Tribunali ecclesiastici, mira al raggiungimento di un obiettivo principe, quale la diffusione e la salvaguardia dei valori ereditati dalla civiltà greco-latina.

Sostenere quale sia la valenza culturale del mondo classico sulla civiltà moderna sarebbe poco significativo, nel momento in cui ci si limitasse a declamarne le “bellezze” senza trovare, però, un immediato riscontro nella realtà attuale.
E’ pertanto intento di questo punto CLE creare una rete di azioni in perfetta sintonia tra loro ed impegnarsi nella realizzazione di incontri a vario livello e di diverso tipo.

Verrà stilato infatti un accordo di programma con le Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, a partire da alcune scuole primarie della città, presso le quali è in corso un tentativo di insegnamento della cultura latina, egregiamente condotto da docenti estremamente sensibili ed attente alle esigenze delle nuove generazioni.

L’attenzione del nostro Centro, pertanto, sarà rivolta alla sensibilizzazione non solo dei propri concittadini, che possono vantare la presenza in città di uno dei Licei classici più prestigiosi d’Italia, il Liceo classico “D. Cotugno”, bensì a quella di tutti gli Abruzzesi e di tutti i Molisani.
Dunque, oltre ad attività pensate per il pubblico ed il personale della scuola in genere, il CLE dell’Aquila, si preoccuperà di sviluppare temi ed argomenti che vedano la classicità coinvolta a tutto tondo, considerato anche lo stretto legame con la madre patria Roma.
Conferenze e dibattiti che promuoveranno la divulgazione della Latinitas, intesa non solo come Lingua, ma come substrato indispensabile per la comprensione piena e profonda dei vari saperi umani:

il latino ed il diritto
il latino e la storia
il latino e l’archeologia
il latino ed il mito.

In quest’ottica verranno promossi ed approfonditi i legami tra la musica e la latinità, anche attraverso la realizzazione di concerti e di messe cantate in latino.
Il ricchissimo patrimonio culturale, che il nostro territorio conserva e che ci svela di continuo con stupefacente meraviglia attraverso la scoperta di siti archeologici di grande interesse, quali ad esempio quelli recentemente rinvenuti nella Piana di Navelli (prov. di L’Aquila) e nella zona di Cavalletto d’Ocre sempre nella nostra provincia, ci porteranno ad intessere incontri con le Autorità competenti per un’attenzione sempre più rivolta al recupero e alla salvaguardia della classicità e nello specifico della Lingua latina nella sua pluridisciplinearità.